Chi segue Parcheggi.it da un po’ sa bene quanto il tema degli abusi sui parcheggi riservati alle persone disabili ci stia a cuore. Più volte abbiamo riportato storie – talvolta al limite dell’incredibile – di posti auto occupati illegittimamente e contrassegni “taroccati”; ma anche incoraggianti notizie legate a Comuni particolarmente sensibili nei confronti di questa tematica, innovazioni tecnologiche studiate per contrastare i soprusi, campagne di sensibilizzazione particolarmente azzeccate ed efficaci.
Fra queste, negli ultimi mesi, sta riscuotendo enorme successo quella che porta l’eloquente e ironico nome di #solounminuto. Il progetto, il cui nome riprende la classica scusa dietro cui si nascondono gli automobilisti che occupano illecitamente i posti per disabili, vuole educare e sensibilizzare il pubblico della Rete sull’importanza del sostegno dell’autonomia, mobilità, sicurezza, viabilità, delle persone diversamente abili.
Le persone che s’imbattono o subiscono questi abusi, possono mandare una foto con commento a una pagina Facebook, #solounminuto, che è online da soli 3 mesi ma che ha avuto un successo enorme. Oggi è seguita da 7465 persone e conta 7405 like. Vi arrivano circa 120 foto/post a settimana e sono circa 1000 le foto pubblicate. La pagina, che è seguita indistintamente da uomini e donne (queste ultime prevalgono leggermente) e in misura minore perfino da over 65, ha travalicato i confini nazionali, e ha follower in tutto il mondo, dagli USA, alla Spagna, a Israele; sta inoltre richiamando l’attenzione di diversi Comuni italiani, che vi collaborano attivamente inviando le loro segnalazioni.
Ideatrice della campagna è Lorella Ronconi: 56 anni, grossetana, Lorella è affetta dalla nascita da una rarissima malattia genetica ossea, la pseudadocondroplasia, e patisce inoltre le conseguenze di un delicato intervento chirurgico che, nel 1991, le ha ridotto la doppia scoliosi che rischiava di portarla alla morte. Operata a Marsiglia, Lorella si è sottoposta all’intervento senza essere affatto certa di uscirne viva; e invece ne è uscita, anche se con due barre di acciaio impiantate nella schiena per stabilizzare la colonna vertebrale che, da allora, contribuiscono a rendere ancor più difficoltosa la sua quotidianità. Tutto questo non ha impedito a questa donna infaticabile di costruirsi una vita piena di passioni, interessi e impegno civile. Poetessa e pittrice, Lorella è anche esperta in comunicazione e Cavaliere della Repubblica dal 2006 grazie alla sua costante attività di ideatrice e coordinatrice di progetti tesi al miglioramento della qualità della vita delle persone disabili.
In questi giorni abbiamo raggiunto al telefono Lorella non solo per parlare della campagna #solounminuto, ma anche per parlare con lei della disabilità e delle barriere architettoniche che ancora oggi limitano enormemente la vita di tante persone, di quale sia la via migliore per sensibilizzare sul tema le autorità e la gente. Ne è nata una chiacchierata piena di spunti e riflessioni illuminanti, che, come vedremo, arrivano a ribaltare luoghi comuni e sterili buonismi.
Lorella, sul tuo blog ricordi spesso quanto le nuove tecnologie siano fondamentali per te, come ti consentano di essere in contatto con il mondo e operativa anche nelle giornate più difficili. Quando hai iniziato a utilizzarle?
Il mio primo telefono cellulare lo ebbi nel 1997: era un modello Alcatel giallo, che mi volle comprare mia nonna, lei era troppo avanti. Il primo PC invece, dopo anni di macchina da scrivere elettronica, arrivò nel ’96 o ’97: era portatile 14’’, Texas Instrument.
In quegli anni uscivi dall’intervento sperimentale di Marsiglia…
Proprio così: è stato un intervento che, all’età di 30 anni, mi ha costretto a riprogrammare completamente il mio cervello e a riprendere le misure del mondo, anche se sin da bambina avevo studiato molto, sviluppando parecchio le mie abilità cognitive.
Negli anni successivi, e in barba all’aggravarsi della sua situazione (che, dice con il suo bell’accento toscano, “non mi spenge”) Lorella mette a frutto queste capacità concentrandole in modo particolare sulla scrittura. Si afferma come poetessa vincendo premi prestigiosi, canalizza le sue abilità su Internet e i social e porta avanti il suo impegno sociale, dimostrandosi particolarmente attiva sul fronte dell’abbattimento delle barriere architettoniche. L’idea della campagna #solounminuto, però, arriva nel maggio scorso.
Come è nato il progetto #solounminuto?
L’idea ha preso forma lo scorso 15 maggio. Tornavo da un convegno sulle barriere architettoniche al quale ero intervenuta, e mi trovavo insieme a una persona cieca. Ero stanca, avevo la febbre e avevo voglia di tornare a casa: ma l’ennesimo SUV parcheggiato illecitamente mi impediva di farlo. Apparteneva a una donna anziana che stava facendo acquisti in un negozio e che, di fronte alle nostre proteste, se ne è uscita con la classica scusa: “Solo un minuto!” ed è rientrata a proseguire le sue compere. L’episodio mi ha davvero fatto arrabbiare, così la sera ho postato sul mio profilo Facebook la foto del SUV (non riconoscibile) con la didascalia #solounminuto.
Che cosa è successo, dopo?
L’idea di inaugurare una pagina Facebook per segnalare gli abusi, documentati da fotografie, è nata poco dopo, ma i miei problemi di salute mi hanno costretta a ritardare il debutto online al 13 di ottobre. In 4 giorni la pagina aveva già raccolto 1000 like (e in breve ha destato grande attenzione mediatica: la notizia della sua creazione è stata ripresa da numerose testate nazionali ndr).
Chi vi segue e da chi vi arrivano le segnalazioni?
A dire il vero, quando ho creato la pagina, avevo in mente di agire più che altro a livello locale: e invece ci arrivano messaggi e segnalazioni da tutta Italia. A scriverci sono non solo persone disabili, ma anche i loro genitori e gli anziani. Inaspettatamente, poi, abbiamo intercettato un’altra categoria di persone, quella delle mamme di bimbi piccoli: che, dovendo andare in giro con il passeggino, si scontrano a loro volta con abusi e barriere.
Come gestisci operativamente la pagina, e con quali criteri?
Mi occupo della pagina, che ho pensato in modo che mi rispecchiasse il più possibile anche sotto il profilo estetico, insieme con una bravissima assistente, Emanuela Fallani. L’abbiamo pensata con l’idea di dare alle persone la possibilità di scrivere privatamente, tramite messaggio, perché non tutti quelli che denunciano gli abusi vogliono esporsi; e quando pubblichiamo le foto delle auto che li commettono facciamo attenzione a non renderle identificabili. Cancelliamo non solo la targa ma, se si tratta di camion, anche eventuali scritte o loghi, perché non vogliamo che la ditta o l’azienda che appare sia penalizzata: a sbagliare è solo ed esclusivamente chi commette l’abuso.
Non sei nuova a iniziative di denuncia: so che diversi anni fa, a Grosseto, avevi avuto l’idea di portare avanti un’altra campagna…
Sì: con un gruppo di persone avevamo iniziato a monitorare le vie della città, e sulle auto di chi commetteva abusi sistemavamo un volantino con scritto: “Complimenti! Lei ha parcheggiato in un posto riservato ai disabili!”. Avevamo scelto un tono ironico ma non aggressivo, che finisce con l’essere controproducente. Se s’imposta la comunicazione in maniera troppo arrabbiata il rischio è quello di far passare la categoria “disabili” per una massa indistinta di rompiscatole, e la persona disabile come una seccatura. Parlo di persona disabile volutamente, facendo riferimento all’articolo 3 della nostra Costituzione che ci vuole appunto “persone”, tutte uguali di fronte alla legge, con pari diritti e doveri. Ricorrere al sostantivo “disabile” connota una persona, privandola della sua identità; diverso è dire “persona disabile” dove “disabile” è solo un aggettivo. Sembrano dettagli, ma calcare la mano su certi concetti credo sia l’unico modo per mettere in atto un cambiamento culturale che parta dalle singole persone.
Alla fine è un concetto che è alla base anche di #solounminuto…
Sì, è così. “Solo un minuto e me ne vado!” è la scusa che tirano fuori tutti per giustificare il fatto di stare occupando abusivamente un parcheggio per persone disabili, o intralciando il passaggio di una carrozzina. A ciascuno il proprio tempo sembra il più prezioso, la propria condizione la peggiore: ma un minuto per una persona disabile può essere eterno.
Quali Comuni italiani, secondo te, sono i più sensibili nei confronti del tema parcheggio e disabilità?
Diversi Comuni si sono dimostrati particolarmente attenti nei confronti dell’iniziativa che ho lanciato: hanno ripreso la mia idea con iniziative spontanee, per esempio, i vigili di Riccione e di Carpi. (I dati sulla pagina inviati da Lorella ci dicono inoltre che, oltre a Grosseto, città di Lorella, stanno collaborando attivamente diverse città: da grandi centri come Roma, Milano, Bologna o Genova, a comuni più piccoli come Foggia, Viterbo o Pistoia, solo per citarne alcuni ndr). In generale potrei dire che i Comuni più virtuosi sono quelli del nord, ma sono anche convinta che non abbia senso fare classifiche: in tanti casi sono i mezzi economici a mancare, più che la buona volontà, ed è ovvio che la carenza di personale, per esempio di vigili, porti a meno segnalazioni. Abbiamo ricevuto il plauso dell’assessore alla sicurezza e a traffico di Milano: Carmela Rozza e del Presidente della Commissione per la Sicurezza e il Traffico della Regione Emilia-Romagna, Mauro Sorbi.
Quali pensi possano essere le soluzioni più efficaci per contrastare gli abusi?
Anzitutto credo che un uso intelligente della tecnologia e di appositi software permetterebbe di smascherare in pochissimi tempo falsi come quelli dei permessi per disabili scaduti, o vecchi, o non a norma (oggi vige il formato europeo ndr). A ben vedere esistono già progetti molto validi, tutti finalizzati a tutelare le persone disabili: come Tommy, il dispositivo che impedisce di occuparne gli stalli, o Street Control, l’occhio laser da installare sulle volanti della Polizia Municipale. Resto dell’idea, comunque, che il mezzo più efficace sarebbe rappresentato da multe salatissime e rimozione forzata dell’auto: l’attuale sanzione, di 84 euro, non spaventa nessuno.
Visto che siamo in campagna elettorale, ci sono dei partiti che secondo te hanno formulato proposte valide?
Non credo che la battaglia agli abusi sia riconducibile a un partito in particolare: tant’è che anche la mia campagna vuole essere apartitica. Parte solo dal presupposto che ciascuno possa fare del bene, e che sia necessario educarci insieme. Ognuno di noi è attore, ma anche spettatore, ci piacerebbe, tutti assieme, arrivare a riflettere (attraverso le foto) illuminare le nostre intelligenze, per diventare pensatori, “produttori” di buon senso e rispetto civile, per l’altro. Perché migliorando la vita delle persone fragili in fondo, miglioriamo anche la nostra, ognuno può essere anche momentaneamente fragile o con difficoltà motorie. Penso infine che la lotta agli abusi e alle barriere, semplificando la vita delle persone diversamente abili, aprirebbe loro diverse possibilità, da quella di lavorare a quella di accedere a esercizi pubblici. In Italia sono 4.500.000 le persone disabili: come gli altri, se messi nella condizione di farlo, possono contribuire al benessere del Paese. Il partito più lungimirante sarà quello che se ne renderà conto, e che non le tratterà come un peso, ma come una risorsa.