‘Un importante elemento del sistema – mobilità considerato ancora di nicchia, scarsamente conosciuto da cittadini e autorità e non ancora visto come aggregante nell’ambito dei servizi‘. Coì Marco Medeghini, dallo scorso gennaio presidente AIPARK, fotografa l’attuale ruolo del parcheggio in Italia. Ma è proprio a partire da queste criticità che è possibile muoversi e lavorare per dare una svolta alla situazione: con più comunicazione, più occasioni di confronto fra gli operatori del settore, più ricerca e con un sistematico coinvolgimento dei Comuni ‘ che ‘ puntualizza il neopresidente ‘ non solo sono fra i maggiori interlocutori degli associati AIPARK, ma che sono identificati dai cittadini come i veri gestori dei parcheggi‘. |
di gestione della mobilità urbana, che pure soffre di una serie di problemi di natura amministrativa, politica ed economica. Il raffronto con il resto d’Europa, dati alla mano, parla chiaro. L’Italia vive il paradosso di essere il secondo Paese europeo con il maggior numero di auto e, nel contempo, quello con il minor numero di parcheggi. Le cifre sono a dir poco eloquenti. La media europea relativa all’utilizzo delle auto è del 35%, e si tratta peraltro di un dato in calo; quella italiana è del 60%, ed è in crescita. L’italiano medio, insomma, non sa rinunciare a spostarsi su quattro ruote, e snobba mezzi pubblici (l’utilizzo è del 20%, contro una media europea del 40%) coì come soluzioni salubri ed ecologiche come la bicicletta o le proprie gambe (uso del 20% contro una media del 25% in crescita). Il quadro è piuttosto desolante: le auto abbondano, i parcheggi scarseggiano e i mezzi di trasporto alternativi sono, anche per motivi strutturali, sottoutilizzati. Ci si lamenta, ma guai a creare nuovi parcheggi! ‘A quel punto ‘ commenta Medeghini ‘ c’è sempre qualche comitato che si oppone alla costruzione. Capisco gli ambientalisti, ma faccio fatica, in verità , a comprendere la gente comune, che non si rende conto che, senza parcheggi, le aree cittadine rischiano di spopolarsi‘. |
Questa strenua opposizione, in realtà , ha un eloquente acronimo mutuato dal linguaggio d’Oltreoceano, Nimby (che sta per ‘not in my backyard‘, ossia ‘non nel mio cortile’). Questo atteggiamento coinvolge sia i cittadini, sia i commercianti, che troppe volte non hanno la lungimiranza di comprendere come, a un periodo limitato di fastidio causato dai lavori di costruzione, possa seguire una seconda fase di riqualificazione e di maggior afflusso di persone e potenziali clienti nella zona interessata. Insomma, la prima evidenza è che per l’italiano medio il parcheggio sia visto come mero ricovero di auto, non come parte di un più ampio sistema. E ciಠdi certo non aiuta. Ma a questo punto resta ancora priva di riposte la domanda più ovvia. Perchè in Italia non si costruiscono parcheggi in struttura? Il primo ostacolo è rappresentato dalla mancanza di risorse economiche, specie se si considera che il costo di un posto auto in struttura va dai 10 ai 15.000 euro. Il secondo risiede nella scarsa conoscenza del settore da parte delle amministrazioni, che non si rendono conto di come la costruzione di un parcheggio non sia un modo come un altro di fare facili quattrini, ma un progetto da integrare a un sistema di mobilità ad ampio respiro che assicura ritorni economici nel lungo periodo. Per questo motivo, e per innumerevoli altri ostacoli di natura burocratica o strettamente legata all’area di costruzione (ricordiamo i reperti archeologici che abbondano nell’italico sottosuolo) sono anche troppi i parcheggi cominciati e mai terminati, con lo sperpero di denaro che ciಠcomporta. Come superare questa situazione? Intanto sarebbe necessario che gli enti locali cominciassero a concepire il parcheggio come elemento inserito in un piano di mobilità coerente, rispettando la legge Tognoli ( in virtù della quale i proventi ottenuti dalla sosta su strisce dovrebbero essere impiegati per la costruzione di nuovi parcheggi n.d.r): a investire, insomma, coì come si sta facendo per le sempre più numerose rotonde. Il governo dovrebbe quindi elaborare una normativa ad hoc per i parcheggi, considerandoli alla stregua di infrastrutture della mobilità e incentivandone la realizzazione tramite leve fiscali; i cosiddetti stakeholder, infine, ossia commercianti e cittadini, dovrebbero essere stimolati, tramite un’adeguata divulgazione della ‘cultura del parcheggio’, che inducesse i primi a coglierne finalmente i vantaggi per il loro business, e i secondi a non considerarli un pernicioso balzello che le amministrazioni fanno incombere sulle loro spalle, ma come un utile, indispensabile servizio. Fare cultura del parcheggio. Un progetto ambizioso, per sviluppare il F. Solari |