Sono trascorse due settimane dal via a “Bologna città 30”: ma qual è il bilancio di questo controverso progetto?
Al momento sembra che i cittadini lo abbiano digerito in maniera piuttosto disciplinata: sono state poche le multe per il superamento dei limiti di velocità, che si sono tendenzialmente abbassati in tutte le strade. Prima di entrare più nel dettaglio del bilancio di questi giorni, però, facciamo un passo indietro per risalire alle genesi e alle finalità dell’iniziativa: che, fra mille polemiche, ha visto sotto i riflettori la città più “grassa” e gaudente d’Italia.
Obiettivo del progetto “Bologna città 30”, lanciato in grande stile con tanto di sito dedicato, è quello di fare del capoluogo emiliano, primo in Italia, “una città con strade più sicure e più belle, meno rumore e più tranquillità per tutte le persone”.
Per raggiungerlo è stato dunque introdotto il limite di velocità a 30 chilometri orari: una restrizione che ha preso le mosse da dati concreti.
I 30 km/h riguardano circa il 70% delle strade dell’intero centro abitato con un disegno organico facile da comprendere e rispettare. La percentuale arriva quasi al 90% se si considera il solo perimetro della parte più densamente abitata della città.
Come accuratamente riportato sul sito interamente dedicato al progetto, nella sezione “FAQ”, secondo l’ISTAT il 73% degli incidenti stradali avviene, in Italia, dentro le città. L’80% delle vittime è costituito da pedoni, ciclisti e motociclisti, e la velocità risulta in assoluto la prima causa degli incidenti più gravi che si verificano all’interno dei centri urbani e che comportano vittime.
Sono queste cifre che hanno portato l’amministrazione locale a decidere di abbassare la velocità massima di percorrenza sulle strade urbane: a tutela, prima di tutto, di utenti vulnerabili quali anziani e bambini.
“Andando più piano – riporta il sito – avvengono prima di tutto meno incidenti, perché chi guida ha un campo visuale più ampio sulla strada, ha più tempo per reagire agli imprevisti e lo spazio di frenata è dimezzato. Anche quando non si riescono ad evitare, comunque andando più piano ci sono incidenti meno gravi, perché la velocità più bassa riduce gli effetti dello scontro tra veicoli o dell’investimento di una persona: quello che sarebbe stato mortale diventa un incidente con feriti, quello che avrebbe causato lesioni permanenti diventa un incidente con feriti più lievi, ad esempio”.
La spiegazione fa riferimento anche a chi va a piedi o in bicicletta: per queste persone, se le auto vanno a 30 all’ora, la probabilità di incidente mortale diminuisce notevolmente. E qui viene riportato un esempio a dir poco eloquente. Per una persona essere investita da un’auto a 30 all’ora equivale a cadere dal primo piano: 9 volte su 10 ci si salva. Essere investiti da un’auto a 50 km/h e oltre, invece, equivale a precipitare dal terzo piano: 8 volte su 10 non si sopravvive.
Viene infine evidenziato come, guidando a 30 km/h, chi guida abbia più tempo per rispondere a eventuali eventi e ostacoli imprevisti sulla strada: serve meno della metà dello spazio per fermare l’auto! In questo modo si riescono a evitare incidenti quali gli investimenti di pedoni sulle strisce, se non sui marciapiedi: eventualità, quest’ultima, non infrequente nelle città.
Torniamo dunque al resoconto di questo primissimo periodo di avvio, diffuso dal Comune: nelle prime due settimane, gli incidenti a Bologna sono calati del 21% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Ci sono stati, complessivamente, 25 incidenti in meno. Non solo: è stato registrato un 27,3% in meno di pedoni coinvolti in sinistri stradali e una flessione sensibile degli incidenti con feriti (-18,2%).
Certo, come evidenziato dall’assessora Valentina Orioli solo fra sei mesi si potrà contare su dati più solidi e affidabili: questi numeri restano comunque incoraggianti, e potrebbero portare altre città, su tutte Milano, dove già se ne è discusso, a sperimentare a loro volta l’iniziativa. In Europa, del resto, sono già diversi i centri “30”, da Oslo a Grenoble, da Bilbao a Graz, da Helsinki, a Valencia, a Zurigo, dove il limite è già entrato in vigore, e senza troppi clamori.
Una doverosa annotazione, ultima ma non per importanza, riguarda però una misura che dovrebbe essere complementare a quella della limitazione della velocità. Per un ripensamento ottimale e completo del modo di vivere i centri storici cittadini, infatti, è inevitabile porre la dovuta attenzione anche al fattore parcheggio. Bisogna tenere infatti considerare che, per quanti freni si possano imporre ai chilometri orari, a ostacolare il flusso del traffico nel cuore delle città sono spesso le auto maldestramente posteggiate in seconda se non terza fila: una minaccia pesante e non trascurabile alla sicurezza. I restringimenti della carreggiata, infatti, obbligano a pericolosi slalom dei veicoli o delle bici, costretti a dribblare pedoni che attraversano la strada sbucando da dietro ai mezzi: i quali, specie se di grandi dimensioni come i furgoni, ostacolano una corretta visuale.
Una presa in carico ben strutturata e capillare, dunque, si dovrebbe articolare su più fronti: l’ottimizzazione della gestione della sosta su strada, la creazione di parcheggi d’interscambio bene attrezzati, che permettano di lasciarvi l’auto e spostarsi verso in centro privilegiando la mobilità dolce, e di strutture sotterranee che lascino le superfici il più possibile sgombre, per uno spazio davvero a misura d’uomo.