D’ora in avanti (e per fortuna) sarà accusabile di reato di “falso in autorizzazione amministrativa” chi falsifica il permesso per invalidi da esibire sul parabrezza dell’auto; lo ha stabilito la sentenza 33214 della Cassazione emessa lo scorso 23 agosto, che ha rigettato il ricorso di un automobilista che si era dotato appunto di falso contrassegno, accertato tuttavia soltanto dopo un minuzioso esame.
Non stiamo infatti parlando di imitazioni grossolane, immediatamente riconoscibili da chiunque (“ictu oculi”, in termini tecnici) ma di impeccabili “gioielli” frutto di lavoro certosino. Capolavori – si fa per dire, ovviamente – in cui è sempre più facile imbattersi e che sono sempre più difficili da smascherare considerata, ha evidenziato Giovanni D’Agata, fondatore dello Sportello dei diritti, “la notevole sofisticazione raggiunta dai macchinari utilizzati, capaci di eseguire copie fedeli all’originale, e come tali idonee a consentire un uso atto a trarre in inganno anche la pubblica fede”.
Nel caso del succitato automobilista, lo “smascheramento” era scattato dopo avere evidenziato la non rifrangenza di un bollino apposto sul permesso, un particolare non certo identificabile al primo sguardo, indicativo di un reato machiavellicamente perpetrato a prescindere dall’assenza di attestazione di autenticità.
Come strenuo promotore dei diritti degli automobilisti disabili, cui, ormai sei anni fa, è stata dedicata una campagna di sensibilizzazione, Parcheggi.it non può che esprimere grande soddisfazione nell’apprendere e nel riportare la notizia, anche se la lotta contro gli abusi rivolti a questa categoria si presenta ancora lunga e impervia; anche perché l’uso di falsi contrassegni rappresenta solo una delle innumerevoli sfaccettature che caratterizzano questi odiosi reati. Basti pensare a chi, semplicemente, parcheggia con noncuranza l’auto negli stalli riservati agl’invalidi e a chi sfrutta con eccessiva leggerezza i permessi di amici e parenti, anche a distanza di anni dalla loro scomparsa.