Video killed the radio star, cantava il gruppo pop The Buggles nel 1979. La loro celebre hit è centrata sul destino di una stella della radio che perde popolarità con l’avvento dell’era per eccellenza dei videoclip, i rutilanti anni Ottanta.
La frase ripetuta nel refrain della canzone potrebbe essere considerata una efficace metafora per indicare il declino delle epoche e dei loro simboli di fronte al prepotente imporsi del nuovo: dinamica che non risparmia, ovviamente, il mondo dei parcheggi!
Negli Usa, a questo proposito, stanno già facendo discutere le ripercussioni che l’avvento delle auto senza conducente potrebbe avere sui parcheggi.
Mike Duggan, sindaco di Detroit, in occasione dell’incontro City of Tomorrow organizzato da Ford si è recentemente dichiarato alquanto pessimista al riguardo, affermando che “le auto senza conducente uccideranno i parcheggi”. Il motivo è presto detto: Duggan prevede che, per esempio nel caso di una persona che quotidianamente debba recarsi in ufficio, la sua auto la porterà al lavoro e poi, in piena autonomia, se ne ritornerà a casa, magari a questo punto per scortare il consorte o la consorte a fare spese.
Duggan ha anche evidenziato che i parcheggi degli uffici che si riempiono durante la giornata lavorativa sono spesso diversi dai garage costruiti per accogliere le auto di persone che si recano in luoghi destinati all’intrattenimento come cinema, teatri, stadi; quelli si riempiono solo durante concerti, convegni e sport professionali, dunque in occasioni sporadiche. Il primo cittadino yankee non esita dunque a pronunciarsi come una Cassandra predicatrice di sventure sulle sorte dei molti (e spesso oggettivamente brutti) garage che riempiono le città degli States.
Duggan, senza troppi giri di parole, “concede” ai parcheggi un’aspettativa di vita di 50 anni, e ritiene che sia giunto il momento di rivederne le modalità di costruzione, orientandosi su strutture più piccole.
Alla convention durante la quale sono stati affrontati questi argomenti hanno preso parte anche il sindaco di Atlanta, Kasim Reed, quello di Chicago, Rahm Emanuel e quello di Columbus (Ohio), Andrew Ginther. Ognuno dei quattro ha affermato di aspettarsi auto autonome nelle loro città entro cinque o sette anni.
Persino ad Atlanta, una città che vanta una ben documentata “dipendenza da parcheggio”, è stata programmata lo scorso anno una notevole espansione dell’aeroporto, comprendente una struttura di parcheggio. Il progetto era cruciale anche perché prevedeva un accordo con la Delta Airlines finalizzato a mantenerne in quella sede il quartier generale (e, di conseguenza, un gran numero di posti di lavoro!). Ebbene, a seguito di una lunga discussione si è deciso di costruire un parcheggio più piccolo del previsto: tutto questo in previsione di un minor numero di auto da accogliere grazie all’avvento dei veicoli a guida autonoma. La domanda adesso è: chi rimpiangerà i cari vecchi garage?
Rispondiamo che, se davvero le auto a guida autonoma dovessero prendere così piede anche qui nella vecchia Europa, certamente bisognerebbe dire addio alle mega strutture: questo non significa cantare il “requiem” al parcheggio, ma al parcheggio come lo abbiamo conosciuto sino a ora… Una buona occasione per un radicale e intelligente restyling, che potrebbe rivoluzionare il vecchio modo d’intenderlo e magari farne un “hub”, aggregatore di più servizi.