Non sono più quelle di una volta. Avrete sentito spesso questa frase, riferita ai soggetti più diversi. Qui intendiamo attribuirla solo alle automobili. Oggi la tendenza di mercato vede auto sempre più tecnologiche, personalizzabili, con bassi consumi, con linee sportive, ma anche comode e spaziose, e quindi di maggiori dimensioni. Crossover e Suv sono parole che fanno parte ormai di una terminologia all'ordine del giorno, e in più ai nomi dei modelli le case automobilistiche aggiungono talvolta lettere che sembrano ricordare le taglie di magliette troppo grandi: è il caso della 500, diventata prima L e poi X. Proprio il primo modello della storica superutilitaria Fiat, nata nel 1957 come alternativa più piccola e più economica alla 600, era lunga 297 cm e larga 132 cm. La 500 odierna, nella sua versione standard, ha dimensioni maggiori: 355 cm la lunghezza, 163 cm la larghezza. Un altro esempio è la Mini: oggi è lunga 382 cm e larga ben 173 cm, mentre il primo modello, datato 1959, era rispettivamente di 305 cm e 140 cm. Tutto questo denota un trend di aumento delle dimensioni medie, che riguarda soprattutto le utilitarie e le city car. E una macchina più ingombrante di conseguenza risulta più difficile da parcheggiare se gli stalli o le corsie di manovra offrono uno spazio insufficiente.
Le dimensioni minime per uno stallo assegnato a un'automobile, su una superficie libera da ingombri, sono di 4,50 x 2,30 m (D.P.R. 495/1992). Le norme di buona pratica prevedono solitamente un'area standard di 5,00 x 2,50 m. Ora, il rischio è che entrambi gli spazi previsti possano essere insufficienti. In qualsiasi area o edificio adibito al parcheggio, dalla sosta all'aperto a quella interrata, la superficie dello stallo deve tenere conto, oltre all'ingombro dell'autovettura, dello spazio necessario a un'agevole uscita dall'auto da parte dei passeggeri: per una portiera aperta a 3/4 e il conseguente passaggio di una persona sono necessari circa 60 cm. Se poi vogliamo far uscire i passeggeri da entrambi i lati senza che nessuno rimanga intrappolato, questo spazio andrebbe moltiplicato per due. Considerando i 160/170 cm di larghezza delle moderne city car, lo stallo dovrebbe misurarne 280/290. Ovviamente non tutti i passeggeri di tutte le macchine parcheggiate usciranno nello stesso momento; ciononostante le auto in sosta non saranno tutte delle stesse dimensioni (una 500 potrebbe doversi parcheggiare tra due Suv), e non saranno posizionate tutte esattamente al centro dello stallo (anzi, succede spesso il contrario, considerata l'abilità media degli italiani nel parcheggiare). Ecco che il valore minimo citato precedentemente per la larghezza di uno stallo (2,30 m), potrebbe creare problemi pure a chi possiede auto medio-piccole, e anche 2,50 m potrebbero non bastare, soprattutto se consideriamo anche le auto più grosse (per capirci, una BMW X5 è larga 194 cm e lunga 489 cm). Oltre che gli stalli, pure le corsie di manovra dovrebbero essere sufficientemente larghe, e tenere conto del giusto ingombro delle auto quando queste entrano o escono dalla propria area di sosta.
I gestori dei parcheggi, soprattutto di quelli datati o di vecchia concezione, dovrebbero prestare maggiore attenzione a queste considerazioni. Ma pure le leggi andrebbero aggiornate, e il Codice della Strada dovrebbe tener conto della tendenza odierna, che vede le auto "small" avvicinarsi sempre più a quelle "extra-large", e aumentare le misure minime. Perché una modifica degli spazi compiuta per iniziativa del gestore potrebbe andare incontro a diverse problematiche amministrative, come il danno erariale, o semplicemente le solite lungaggini burocratiche. E dire che modifiche di questo tipo hanno costi risibili – ridipingere le strisce non è certo equiparabile all'adozione di una tecnologia complessa – ma rese altissime, in termini di qualità percepita e soddisfazione del cliente.
È notizia di questi giorni la battaglia di un avvocato di Trieste per l'allargamento di parcheggi troppo stretti. E in questo caso non si tratta di un adeguamento delle misure come presa di coscienza delle dimensioni delle automobili attuali, bensì di un adeguamento allo standard minimo di 2,30 m, in quanto gli stalli in questione misurano solo due metri. L'avvocato Fulvio Vida in primavera ha segnalato al Comune di Trieste il caso, riguardante precisamente la zona parcheggi esterna al park sotterraneo di Foro Ulpiano, in concessione a Saba Italia. Quest'ultima ha sostenuto, ad agosto, che serviva una disposizione ufficiale del Comune per modificare gli stalli di un impianto che risale al 1998, pena il rischio di un danno erariale. Ora, a fine autunno, il Municipio ha disposto che gli stalli fuorilegge siano messi a norma, e Saba ha confermato che, in tempi non lunghissimi, provvederanno all'adeguamento. L'avvocato ha vinto la sua battaglia, ma come sempre vince anche la burocrazia.
Adeguare gli stalli alle misure minime o, come abbiamo visto, aggiornare le suddette misure a seconda dei trend automobilistici, sta alla base – è importante sottolinearlo – di quel "value for money" che ogni fruitore di qualsiasi servizio ricerca. O meglio, si aspetta. La crisi ha colpito anche l'utilizzo dell'automobile e il numero di veicoli circolanti è diminuito: i parcheggi, se una volta avevano il problema di colmare una richiesta superiore alla disponibilità, oggi possono anche annoverare qualche stallo in meno, ma più comodo per l'automobilista, il quale, non dimentichiamolo, oggi ha maggiori possibilità di scegliere ubicazione e tariffe a lui più congeniali. Per essere competitivi, e dunque conquistare e mantenere clienti, è necessario dare un servizio migliore. Soprattutto se questo non richiede costi eccessivi, com'è appunto l'utilizzo di un po' di vernice. Certamente modernità, tecnologia, gestione privata e leggi dovrebbero viaggiare insieme col fine di migliorare sempre l'esperienza del cliente, con soluzioni che siano efficaci anche per il sistema di mobilità dell'intera città. Un parcheggio automatizzato sotterraneo, ad esempio, non avrebbe il problema della dimensione degli stalli e delle corsie di manovra, in quanto non sarebbe l'utente a parcheggiare ma un sistema del tutto meccanizzato: in questo modo si risolverebbe il problema del traffico in superficie, con la virtuosa conseguenza di diminuire l'inquinamento e migliorare la vivibilità cittadina. Ma in Italia è chiedere troppo, e progetti di questo tipo (come il caso di Trevi e il Comune di Parma, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo), fanno fatica a vedere la luce.