Che piaccia o no, i servizi di trasporto automobilistico privato stanno rivoluzionando il modo di muoversi di numerosissime persone nel mondo, perché consentono di spostarsi in maniera più economica e flessibile rispetto a una manciata di anni fa. Anche la mobilità urbana in diversi Paesi sta risentendo di questi mutamenti, portando a un ripensamento radicale dei modelli di pianificazione della mobilità.
In questi giorni un portale USA (cpexecutive.com), che si occupa di immobili commerciali, ha sviscerato la questione intervistando un’esperta in materia, Mary Smith, Vicepresidente di una grande società di consulenza, la Walker Parking Consultants. L’intervento dell’esperta, che fa ovviamente riferimento alla situazione negli Stati Uniti, offre diversi spunti interessanti anche per capire come l’avvento di questi servizi stia impattando sulla domanda di parcheggi e di come sia destinato a farlo in futuro.
Anche in Europa, infatti, sia pure con modalità molto diverse, il modo di spostarsi sta cambiando. Certo, servizi come Uber hanno vita molto più dura e infatti sono molti i paesi UE in cui, in seguito a traversie di vario tipo, il progetto ha fatto fiasco: mutamenti non trascurabili, tuttavia, sono quelli determinati dal diffondersi di servizi (e abitudini) come il car sharing o, anche in Italia, il car pooling (come Bla Bla Car). E, guardando a un futuro più lontano, non possiamo ignorare il fatto che ai veicoli tradizionali si affiancheranno quelli elettrici, e che – come più volte abbiamo ricordato anche qui – i parcheggi dovranno adattarsi a questo cambiamento e diventare, in qualche misura, centri polifunzionali deputati ad accogliere varie tipologie di automobilisti.
Ritornando alle riflessioni della Smith, l’esperta mette anzitutto sul piatto gli aspetti positivi legati all’imporsi di quelle che in inglese sono definite TNC (Transportation Network Company): oltre a rappresentare un’opzione aggiuntiva di mobilità incentivano, per molti, uno stile di vita senza auto. Del resto fra le opzioni possibili vi è sempre quella di spostarsi, di norma, su mezzi pubblici e ricorrere alle TNC solo quando vi sono problemi.
Eppure – evidenzia – vi sono alcuni studi che rilevano come l’uso di Uber&Co, di fatto, stia disincentivando molte persone a muoversi in modo più sano ed ecologico, per esempio a piedi o in bicicletta; e che stia riducendo anche il numero dei passeggeri di bus e metropolitana…insomma, se si sa di poter contare su un passaggio in auto è piuttosto prevedibile che, in molti casi, si abbandoni la buona intenzione di fare due passi o spostarsi su un affollato mezzo pubblico.
Anche in aeroporto chi arriva con Uber, Lyft o simili qualche problemino lo crea a causa del frenetico andirivieni di passeggeri caricati e scaricati dalle auto: non a caso in molti di essi si sta cercando di convogliare queste auto all’interno delle strutture di parcheggio. Il problema si sta facendo strada anche nelle città, dove alcuni parcheggi su strada stanno diventando zone di carico per i passeggeri. Questo fenomeno – è chiaro – potrebbe gradualmente penalizzare gli introiti dei parcheggi.
Le città stanno iniziando a dover sfruttare i parcheggi su strada per le zone di carico dei passeggeri. Nel corso del tempo, perderanno le entrate dai parcheggi se la fruizione dei servizi offerti dalle TNC supererà la crescita dello sviluppo dei parcheggi: e qui arrivano i dolori, perché, inutile negarlo, a quanto riporta Mary Smith da questo punto di vista, negli USA, il piatto sta già incominciando a piangere…
A parlare sono i numeri: le transazioni di parcheggio presso gli aeroporti sono diminuite del 5-20%, soprattutto nelle zone destinate a chi viaggia per affari; e, come è facile immaginare, stanno crollando anche le transazioni per taxi e auto a noleggio. Il crollo legato agli introiti dei parcheggi annessi agli hotel è ancor più vertiginoso: -70%. Il calo è ancor più importante se si fa riferimento alle strutture di parcheggio di bar e ristoranti, mentre è ancora minimo, ma non per questo da ignorare, quello che penalizza i parcheggi degli impianti sportivi e delle strutture che ospitano eventi.
Se a questo quadro affianchiamo alcune ipotesi su un prossimo futuro, il crollo della domanda appare ancora più eclatante: gli esperti lo stimano intorno al 90%, considerando il ruolo sempre più importante che avranno i veicoli autonomi. Secondo Mary Smith, tuttavia, si tratta di stime esagerate: e come darle torto? Davvero pensiamo che nel giro di breve tempo tutti rinunceranno alle auto tradizionali per “fiondarsi” sui nuovi e futuribili modelli?
Urge un po’ di realismo: ed è quello che, infatti, l’esperta sfodera quando si sofferma sui possibili cambiamenti che la richiesta di parcheggio subirà nei prossimi anni. Bisogna infatti tenere conto di diversi dati oggettivi: circa un terzo degli americani vive in centri relativamente piccoli, dove difficilmente usare Uber e simili è conveniente, e dunque seguiteranno, anche per pigrizia e comodità, a servirsi di mezzi propri (i cari, vecchi bolidi yankee!). I veicoli tradizionali resisteranno a lungo, anche quando inizieranno a diffondersi quelli con guida automatizzata. Presumibilmente, dunque, la riduzione massima della domanda di parcheggio negli USA si attesterà su un massimo del -40%, e comunque non coinvolgerà indistintamente ogni zona del Paese.
Le aree che ne risentiranno saranno quelle centrali e urbane, non certo quelle rurali e periferiche. Teniamo conto infine del fatto che dove un parcheggio serve attività che crescono con la popolazione, come aeroporti, centri città e le università, la domanda di parcheggio continuerà a salire fino al 2030 circa e poi tornerà pari a quella odierna nel 2050. Non solo: l’avvento delle auto a guida autonoma presumibilmente farà fiorire strutture di parcheggio a basso costo ma ad elevata capacità nei pressi delle zone residenziali.
Insomma, la capacità dei parcheggi potrebbe aumentare di pari passo con una diminuzione della domanda degli stessi. Occorrerà inoltre pianificare, in futuro, un aumento significativo delle zone di carico dei passeggeri per la maggior parte delle strutture progettate oggi.
Verosimilmente, infine, nei grandi centri urbani l’organizzazione dei parcheggi cambierà. Spariranno, o quasi, quelli di superficie e andranno radicalmente ripensate le nuove strutture, progettandole in modo che siano pronte a “cambiare volto” in un futuro non troppo lontano: una regola, questa, che si profila valida anche se si pensa alle nostre realtà europee.